HOME PAGE

       

8 marzo TUTTI I GIORNI

 

 

Io sono delegata in una Società del gruppo Fiat con un’occupazione femminile del 70%.

 

In occasione dell’8 Marzo,oltre a slogan e frasi fatte, ritengo utile fare una riflessione sulla condizione femminile nella realtà lavorativa oggi.

 

Le richieste delle lavoratrici,che rappresento in azienda, non sono altro che le esigenze della nostra Società.

 

Nonostante il modello di partecipazione al lavoro delle donne sia mutato, ci scontriamo con una dura realtà, poiché l’organizzazione del lavoro ci considera neutre e non con le diversità che invece il “genere” impone.

 

Le lavoratrici con cui quotidianamente mi confronto, pur avendo una condizione definita “garantita” a livello occupazionale, si trovano a dover affrontare un vero e proprio percorso ad ostacoli, perché sovraccariche.

 

La somma del lavoro extradomestico a quello domestico determina una condizione di stress e insoddisfazione sia come lavoratrice sia come madre.

 

Fino a ieri era possibile l’aiuto tra generazioni di madri e figlie sul lavoro di cura, oggi la previdenza ha aggiunto criticità in un sistema già povero di risorse, e quel modello è ormai sempre più difficile da sostenere.

 

La riforma sulle pensioni, spostando in avanti l’uscita dal mondo del lavoro, ha toltola possibilità alle donne ad esempio di fare le “nonne” occupandosi della cura dei nipoti, o di poter assistere i genitori anziani in molti casi non autosufficienti.

 

Bisogna quindi avvalersi di servizi sociali esterni,dello Stato, ma purtroppo l’offerta è inadeguata sia come quantità sia come distribuzione sul territorio.

Inoltre sovente richiedono una contribuzione diventando così non fruibili anche da un punto di vista economico.

 

Con la crisi la situazione è peggiorata e ciò apre interrogativi inquietanti sul destino dei soggetti bisognosi di aiuto.

Se la rete informale non ce la fa più perché le donne sono sovraccariche, e i servizi sociali già scarsi non si sviluppano adeguatamente, dove si andrà a finire?

 

Questa situazione impedisce un equilibrio tra vita privata e professionale, e quindi una donna che riesce a conquistare una posizione lavorativa o deve rinunciare al desiderio di formarsi una famiglia o delegare a qualcun altro la cura dei figli e la gestione della casa.

 

Tutto è collegato al ruolo della donna nella società e alla ripartizione dei ruoli sociali secondo genere, i mutamenti sono lenti e limitati e l’asimmetria nei carichi di lavoro familiare resta molto elevata.

 

Fare la rappresentante sindacale in questi anni ha assunto sfumature diverse, le mie colleghe vengono a cercarmi per chiedere consigli, per confidarsi anche su situazioni personali, e talvolta ci s’imbatte in racconti che sembrano di altri tempi, con ingiustizie che specialmente negli ultimi anni di crisi si sono riaffacciate con prepotenza nella nostra quotidianità.

 

Nella mia realtà lavorativa coesistono diverse forme contrattuali (cooperative, contratti determinati, ecc…), che aggiungono differenze e distanze tra chi ha condizioni diverse.

Le dinamiche d’individualismo ed egoismo che purtroppo nella nostra società dilagano, sono presenti in ogni ambiente, e determinano una nuova difficoltà nello svolgimento del ruolo che è rappresentare in egual misura la totalità delle lavoratrici, garantendo uguaglianza di condizioni e trattamenti.

 

La conclusione di questa piccola analisi è che, in un momento come questo,dobbiamo fare il sindacato che serve, ma senza perdere di vista un progetto di società del mondo del lavoro in cui ci sia giustizia e parità.

 

Cinzia Pepe