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Politica ed economia reale

 

Terminato il teatrino della fiducia sì e fiducia no al governo Letta, restano ancora aperti, nella loro interezza, tutti i problemi circa l’individuazione d’iniziative necessarie per la crescita.

Il governo Letta dopo aver incassato la fiducia richiesta, che permette di affermare che è l’unico governo possibile in questa fase difficile e complicata della vita del nostro Paese (seppur consapevoli che non serve un governo purché ci sia, ma un governo che decida) ha ora il compito di dimostrare concretamente cosa intende fare per rispondere ai problemi dell’economia reale.

E, poiché non vi è ulteriore tempo da perdere  pena la strada del non ritorno, da subito occorre intervenire sul costo del lavoro (de-tassazione e de-contribuzione salario produttività in forma strutturale);  rendere competitivo il nostro Paese con un politica sull’energia che ne riduca i costi; intervenire sulle infrastrutture migliorando i collegamenti stradali nonché ferroviari; revisionare la spesa pubblica e gli assetti istituzionali per aumentare l’efficienza; ridiscutere del welfare non accantonando l’ipotesi della flessibilizzazione delle pensioni in entrata ed uscita, come risposta ai giovani; il rapporto tra l’istruzione ed il mondo del lavoro; quali politiche industriali; quale accesso al credito ecc.

 

Alcuni cenni di merito su parte di questi capitoli.

L’azione sindacale dovrà concentrarsi sull’attuazione di questi obiettivi attraverso un monitoraggio costante, consapevoli che il percorso si realizzerà in tempi medio-lunghi.

Occorre liberare risorse da mettere a disposizione dei cittadini e delle famiglie.

Necessario  un immediato riesame del welfare: oggi si spende solo circa il 28% della spesa complessiva del welfare (circa 25 MLD) per le politiche attive: formazione professionale, apprendistato, incentivi alle assunzioni.

Un altro dato indicativo è che, nonostante la nostra burocrazia, l’Italia è al primo posto per iniziative imprenditoriali in occidente, anche se poi cessano con celerità, per le ragioni di cui sopra. Il dato, però, certifica la gran capacità di creatività presente nel nostro Paese, che andrebbe supportata ed aiutata.

Sul versante più prettamente industriale. Non è più sufficiente produrre solo manufatti senza creare in contemporanea conoscenza e maggiore capacità di offrire servizi al mercato,

Oggi non è più una questione di volumi bensì di qualità dell’attività industriale ed in tal senso occorre inquadrare anche il cambiamento di rotta del gruppo Fiat, passato dalla quantità ( vetture di bassa gamma ) alla qualità ( vetture di alta gamma ) introducendo valore aggiunto sia sotto il profilo economico che di alta tecnologia.

Condivisibile la frenata di svendita di alcuni nostri core attraverso l’intervento della Cdp (Cassa depositi e prestiti) tramite il Fondo Strategico (FSI) che non è certo la soluzione industriale, ma permette di prender fiato per individuare un percorso produttivo - occupazionale vero.

Il prossimo futuro è pieno di insidie e occorrerà essere vigili e protagonisti di questa fase di cambiamento del nostro Paese non solo dal punto di vista industriale – produttivo – occupazionale ma anche e soprattutto culturale.

 

                                                                                                                                                                                                                                                      

                                                                                            Segreteria Provinciale Uilm

 

14/10/2013                        Ufficio Stampa Uilm