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LA CRISI NON E’ AFFATTO RIENTRATA COME ALCUNI DICONO.

 

La crisi non è finita. Lo ha ben ribadito il nostro segretario Maurizio Peverati durante la trasmissione “Gran Torino - Baloon” andata in onda su Quarta Rete venerdì 5 giugno.  Ospite della serata c’era anche il segretario Pd Gian Franco Morgando, la segretaria cittadina della Lega Nord Elena Maccanti e il giornalista economico del Sole 24 Ore Augusto Grandi. I due politici hanno ampiamente dibattuto dell’intervento del Governo, degli incentivi. Dal fronte sindacale Peverati ha fatto notare che gli incentivi sono stati positivi ma che, per un assurdo gioco del destino, il lavoro è incrementato soprattutto in Polonia ove sono prodotte 500 e Panda, piccole vetture molto richieste sul mercato italiano. Critica Maccanti che ha difeso l’operato del Governo. Il dibattito, molto vivace, e’ terminato con un punto che ha accomunato tutti. Politici, sindacato e  giornalisti in sala hanno evidenziato che la strada per la salvezza di alcuni stabilimenti italiani di Fiat, soprattutto al Sud, sia la conversione, ovvero l’adeguamento a prodotti più in linea con il futuro mercato. Con il dovuto coraggio, tempestività e innovazione nessuno stabilimento dovrà essere a rischio. Unico punto, su cui occorre ribadirlo, tutti erano d’accordo. Sulla crisi in queste settimane si è sviluppato un ampio dibattito in tutte le nostre leghe: “E’ indubbio che la cassa integrazione, ordinaria, straordinaria e in deroga è aumentata in maniera esponenziale nel primo semestre del 2009 – ha detto il funzionario Sergio Minardi -  Inoltre anche se vi sono piccoli cenni di ripresa, le ore e le giornate ferme non finiscono.  Per quanto mi concerne vedo molte aziende, su tutto il territorio piemontese, collegate al settore automotive e non solo,  che ultimamente approfittano della crisi per chiudere, licenziare e delocalizzare.Tutto ciò rende la crisi ancora più forte e difficile da risolvere. Se ci mettiamo anche il problema delle banche che non fanno credito, di alcuni fornitori che tra di loro non si pagano il lavoro, il tutto diviene molto più complicato. Sulla delocalizzazione vorrei spendere due parole: Indesit, Stabiluss, Johson Eletric, Cabind, ecc....erano aziende che non erano in  crisi per mancanza di commesse ma bensì perché i management aziendali dai propri vertici vedono altre nazioni  come Polonia, Ucraina, Romania...molto appetibili dal punto di vista di costo del lavoro, salario, aiuti e sgravi fiscali da parte dei governi stessi. E' questo che, vedendo e leggendo i giornali,  mi preoccupa molto – Dice ancora Minardi -  D’altro canto molte nazioni europee fortemente industrializzate stanno cavalcando  l'onda della nazionalizzazione aziendale che si traduce in questo: portare aziende e posti di lavoro con gli aiuti statali nelle proprie nazioni per non  penalizzare ancora di più la crisi di perdite di posti di lavoro. L’Italia non ha ancora fatto scelte coraggiose per, da un lato mitigare gli effetti della crisi, dall’altro tutelare il lavoro nella nostra nazione pur rispettando l’importanza dell’ottica europea.

10/6/2009

                                   Ufficio Stampa Uilm